Mettiamo il caso che tu sia seduto davanti a un bancone – uno di quelli buoni, dove i bicchieri tintinnano come invecchiati apposta per te – e ti venga servito un cocktail chiamato Venezia Cortina. Il nome sembra tratto da un film italiano anni ’60, con Monica Vitti e una Topolino blu che si arrampica sui tornanti. Ma quello che hai nel bicchiere è molto più sottile, più strutturato, più intellettuale – e più subdolo – di qualsiasi film possa rappresentarlo.
Quello che stai per bere – e probabilmente non ne sei neanche del tutto consapevole – è un’esplosione al rallentatore di due secoli di storia, aromi da caravanserraglio mediorientale e malinconie padane, fusa in due liquidi che, se li osservi alla luce, sembrano raccontarsi da soli.
I protagonisti di Venezia Cortina: Vermut Bonaventura e Bitter Maschio
Parliamo del Vermut Bonaventura e del Bitter Maschio. E del modo in cui, miscelati insieme, diventano una capsula spazio-temporale aromatica, un viaggio da Venezia a Cortina con fermate a Smirne, Vienna, Treviso e nel tuo subconscio.

Partiamo dalla Glera, l’uva protagonista del Vermut Bonaventura. Se la parola “Glera” ti fa pensare a qualcosa di fragile, tipo una ragazza di campagna con un abito bianco e mani da raccoglitrice di fichi, sei sulla strada giusta. Questo vitigno – la spina dorsale del Prosecco – viene qui manipolato con delicatezza: lasciato appassire, in modo che si avvicini lentamente al riposo e sviluppi quelle note che i sommelier definiscono di surmaturazione e i poeti chiamerebbero memoria della dolcezza prima della caduta.
Poi entra in scena un corteo di botaniche degno di un’opera barocca. Assenzio, macis, coriandolo, camomilla, arancio dolce, sambuco, china calisaya, salvia sclarea; un elenco che potrebbe benissimo essere usato come incantesimo per evocare un pirata veneziano del 1400. Il risultato? Un liquido ambrato, elegante e fatale, come un affresco che sai durerà più di te. E che in un cocktail promette faville.
Il Bitter Maschio: estroverso e complesso
Il Bitter Maschio, dal canto suo, è il fratello estroverso ma con traumi mai risolti. Rosso brillante come un tramonto vermiglio, viene al mondo con l’intento di ripercorrere le radici della distilleria. Vuole farti sentire nel 1955, ma non nel modo nostalgia da Instagram. Parliamo di una sensazione organica, quasi olfattiva, di tempi in cui si fumava negli uffici e le persone usavano il termine “digestivo” senza ironia.

Genziana, rabarbaro, menta, vaniglia: questo bitter è un campo minato di aromi, dove ogni sorso può diventare una vertigine. Non è amaro, è Amaro – con la A maiuscola – ma ti accarezza anche. Come una zia severa che ogni tanto ti allunga una carezza tra i capelli prima di rimproverarti.
L’incontro: Venezia Cortina
Mettendo insieme il Vermut Bonaventura e il Bitter Maschio nasce il Venezia Cortina. E qui succede qualcosa di simile a ciò che capita quando ascolti per caso una vecchia canzone alla radio. Improvvisamente sei dodicenne, fa caldo, e qualcuno ti ha appena spezzato il cuore perché ha scelto l’altro.
Un Ponte Culturale Liquido
Il nome del cocktail non è casuale. Venezia, la città dei commerci e dei profumi d’oriente. Cortina, il rifugio invernale dell’élite, il luogo dove si va per “essere” e non solo per “fare”. Il cocktail è il ponte: un asse culturale liquido, tra storia e leggenda, tra eleganza e malinconia, tra Oriente e Dolomiti.

St. Regis Venice: dove l’arte incontra la storia
di Manolo Orgiana
Non è solo da bere. Venezia Cortina è da pensare, da annusare, da perdere tempo a capire. Ma attento: è anche un’esca. Ti attira con la promessa dell’aperitivo e ti lascia lì, con la bocca amaricante e il cervello che frulla i ricordi di qualcosa che forse non hai mai vissuto, ma ora sembra tuo.
In conclusione: Venezia Cortina non è un cocktail, è un romanzo liquido firmato Maschio, ma scritto per chi ha voglia di leggere tra le gocce.
Inserisci commento