Si è chiusa a Milano la “Design Fashion Week” 2025. Sì, avete letto bene: Design Fashion Week, perché quest’anno tutto si è intrecciato con tutto. Il fermento creativo iniziato con Miart e il Salone del Mobile ha fatto irruzione nelle vie della città cucendo insieme, arte, design, moda che sempre di più assorbe suggestioni dall’architettura, e il cibo che per l’occasione diventa installazione. Un filo invisibile che lega varie anime, voci di un unico sistema creativo che non solo esprime bellezza. Ma ne fa un linguaggio moderno e condiviso dove ogni disciplina si riflette nell’altra. L’edizione 2025 lo ha confermato con forza: Milano non è più solo una capitale del gusto estetico. Ma un laboratorio creativo e culturale in costante evoluzione. Una lente sulla società che accoglie il bello abbracciando lo spessore più intellettuale con esperienze che raccontano un’idea di futuro fatta di attenzioni, lentezza, materia, identità.

Miart 2025ha puntato i riflettori su un tema chiave: la memoria e la materia. Le gallerie hanno portato in scena opere che dialogano con il tempo, che parlano di sostenibilità e di trasformazione. Al Salone del Mobile 2025 la parola d’ordine è stata sensorialità. Le grandi firme del design hanno proposto ambienti immersivi dove luci, suoni e profumi hanno coinvolto il visitatore. I confini tra oggetto funzionale e opera d’arte si sono dissolti. L’attenzione ai materiali naturali, ai toni caldi e all’artigianalità ha richiamato le stesse riflessioni emerse a miart.
Fuorisalone: terra dell’inventiva
E mentre i visitatori hanno fatto ritorno a casa carichi di ispirazioni, Milano ha pulsato con il Fuorisalonedove moderne installazioni hanno celebrato il legame tra bellezza, innovazione e natura. Ciò che lo rende speciale è il suo spirito democratico. Mentre il Salone del Mobile resta una vetrina istituzionale per le grandi aziende, l’anima più sperimentale e libera si manifesta nelle strade, nei cortili.

La moda veste il design
Il design si fa indossabile con le boutique del Quadrilatero della Moda che non sono rimaste a guardare, e con eventi propri hanno dato la loro interpretazione di design intercettandone le vibrazioni. Gucci ha portato in scena il progetto Bamboo Encounters, una mostra che ha celebrato l’eredità del bambù nella storia del design e nell’identità della Maison. L’installazione immersiva che ha occupato gli spazi dello showroom di Zegna ha raccontato l’impegno verso la comunità e l’ambiente. E ha offerto al pubblico l’opportunità di vivere appieno l’esperienza di Oasi Zegna. Bottega Veneta ha allestito un pop-up esperienziale con arredi in cemento grezzo e capi-scultura in pelle intrecciata. Mentre Sander e Sunnei hanno proposto una capsule collection ispirata al design industriale e all’arte concettuale.
Ciò che rende unica Milano è anche la capacità di dialogare con tutte le forme. Un dialogo a cui ha preso parte anche la ristorazione che ha risposto con creatività alla chiamata del design e non si è limitata a coesistere.

Fuorisalone: il meglio tra architettura, luci e installazioni uniche
di Giusy Dal Pos
Lo stilista Antonio Marras che ha rinnovato la sua collaborazione con la famiglia Rana e lo chef Francesco Sodano, una stella Michelin, con l’apertura del Temporary Bistrot & Restaurant. Il cocktail bar Baratie ha ospitato un take over con Ton, storico brand specializzato in creazioni di legno incurvato, trasformandosi in un temporary restaurant che unisce gastronomia e design. Trippa, LùBar e Giacomo Arengario hanno partecipato al dialogo con l’arte con menù temporanei ispirati al tema “Design da gustare”. Infine l’apertura del primo ristorante Louis Vuitton, accompagnato dall’inaugurazione di un nuovo negozio in via Montenapoleone 2. Uno spazio da oltre 4.600 mq destinato a diventare una delle mete gastronomiche più esclusive del capoluogo lombardo. Anche grazie alla gestione della famiglia tristellata Cerea.
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