C’è un titolo che ha riportato alla luce un genere narrativo che in Italia ha sempre vissuto ai margini, come un rito sommesso, tramandato più per sussurri che per mode: Istella mea, il romanzo di Ciriaco Offeddu, oggi candidato al Premio Strega 2025.
Un caso editoriale? Sì. Ma anche un segnale forte: il realismo magico italiano è tornato. E lo ha fatto con la voce limpida, visionaria e profondamente radicata nella terra della Sardegna.
Istella mea è una stella (letteralmente)
“Istella” in sardo significa proprio “stella”. Ed è questo il centro luminoso attorno a cui ruota il romanzo: un viaggio che è al tempo stesso fiaba e iniziazione, tra paesaggi interiori e scenari ancestrali, tra la lingua antica del popolo e le forze invisibili che muovono il mondo. La scrittura di Offeddu è densa e sospesa, quotidiana eppure scivolata in un’altra dimensione. È attraversata da presenze che non hanno bisogno di spiegazioni: vivono in quell’ordine del reale che precede la logica — simbolico, viscerale, rituale.

E da questa stella Istella si apre una costellazione. Altre voci, altri luoghi, altre magie. Tutte italiane.
Cos’è davvero il realismo magico (in Italia)
Il realismo magico non è un genere. È uno sguardo. Un modo di stare al mondo e di raccontarlo, in cui la realtà non è mai solo ciò che si vede. Nato in Sud America attraverso il lavoro di nomi come Gabriel García Márquez, Jorge Luis Borges o Isabel Allende, il realismo magico ha portato nella letteratura la convinzione che l’invisibile esiste, che il tempo è circolare, che i morti non tacciono, e che le cose — gli oggetti, i paesaggi, i silenzi — hanno un’anima. Ma questa visione ha trovato, in Italia, una sua declinazione profonda e sotterranea.
Qui, il realismo magico non esplode in fuochi d’artificio. È più lieve, ma non meno intenso. È fatto di superstizioni familiari, sogni non raccontati, apparizioni che non sorprendono nessuno. Si nutre di dialetti, di riti contadini, di religiosità popolare. In Dino Buzzati, il padre letterario del genere nel nostro Paese, la magia è nella minaccia silenziosa, nel mostro che ci segue, nell’attesa che diventa destino. In altri autori, più recenti, prende le forme di una geografia sentimentale: la Sardegna, la Lucania, la Sicilia… terre dove la realtà ha sempre dialogato con l’invisibile.
Il realismo magico italiano è dunque più interiore che spettacolare, più arcaico che mistico, più intimo che epico. Non è evasione, ma immersione. Non vuole portarti via: vuole portarti dentro. Dentro un’Italia che, sotto la superficie del quotidiano, continua a sognare.
Ecco gli altri 6 autori del realismo magico italiano che devi conoscere
Laura Pariani –Il piatto dell’angelo – Giunti
Magia silenziosa tra le Alpi e i ricordi.
Una scrittura intima, che fonde spiritualità popolare, sogno e tenerezza. Le sue montagne parlano con le voci degli antenati. Il tempo si piega, si ripete, si nasconde. Un realismo magico fatto di piccole cose, che sfiora il cuore con grazia.
“Con tali occhi della memoria, entro nella cucina della casa che qui esisteva un tempo. Tutto come allora, indenne da ogni trasformazione: un locale angusto, quasi una stretta scatola…”
Mariolina Venezia –Mille anni che sto qui – Einaudi
Una saga che ha il passo del mito.
Tra le pietre e le rivoluzioni della Basilicata, Venezia racconta una famiglia e un paese, tra apparizioni, superstizioni e attese eterne. Il Sud, qui, è terra sacra e selvaggia, dove il fantastico è parte della quotidianità.
“Certi giorni si alzava un vento colorato che sollevava la polvere e tutto iniziava a lievitare come la pasta del pane sotto la coperta. I fatti già successi tornavano e quelli ancora da venire diventavano visibili. In quei giorni gli spifferi avvolgevano le caviglie delle donne con lacci impalpabili, che le facevano inciampare”.

Simona Lo Iacono –Il morso – Neri Pozza
Una ragazza posseduta, una Sicilia misterica.
Lucia è una giovane “indemoniata” nella Sicilia dell’Ottocento. La sua voce è corpo, è ribellione, è destino. Un romanzo sospeso tra cronaca e mito, tra realismo e allucinazione, tra religione e quella femminilità antica che spaventa e seduce.
“La parola “pazza” era stata detta una volta soltanto, poi mai più. Lucia non ha molta dimestichezza coi ricordi, e nemmeno con il tempo, ma dev’essere stato quando era avvenuto il “fatto”. Il “fatto” p chiamato così per prudenza anche in casa, in modo che nessuno possa sospettare. […] Inizia sempre con una scossa, e la testa artigliata da corvi, mille corvi che rodono in fronte, travasano il male e la battono di destra e di mancina, e Lucia non può che dire: “Basta, basta”.
Tommaso Landolfi –La pietra lunare – Adelphi
Il capolavoro dimenticato del fantastico italiano.
Un viaggio notturno nei vicoli oscuri di Napoli, tra streghe, creature simboliche e ossessioni. Landolfi fonde dialetto e letteratura alta, ironia e orrore. Un classico inquieto, che anticipa il perturbante contemporaneo.
“Quando riaffiorò, gli argomenti, chissà per quale fortunata circostanza, erano cambiati; lo zio parlava ora d’una tal quale croce nera. Sosteneva in particolare di aver visto, una notte di luna calante, su un folto di lauri nel giardinetto davanti alla cucina, l’immensa ombra d’una croce, senza che fosse poi mai riuscito a scoprire l’origine del fenomeno (come lo chiamava)”.
Andrea Gentile –I vivi e i morti – Minimum Fax
Una Lucania allucinata e lirica.
Nessuno racconta il Sud come Andrea Gentile. Il suo è un universo dove vivi e morti si mescolano, dove le parole sono oracoli, e la scrittura è rito. Più che realismo magico: è una nuova epica visionaria.
“Una volta, a mezzanotte, la bambina, tornando a casa, bussa alla porta. Ad aprire è sua madre. La bambina le salta addosso e con le su unghie lunghe le graffia il viso e il petto. Chiede: “Stoppa o piombo?”. Sua madre risponde: “Stoppa”. Allora, la figlia la lascia andare. “Se avessi risposto piombo avrei dovuto farti del male, mammina”. Sua madre la prende in braccio e la mette sul fuoco. La bambina urla”.

Dino Buzzati –Il colombre – Mondadori
Il mostro che ci insegue, la metafora che ci salva.
Buzzati è la sorgente. Tutto nasce da lì: il tempo che si dilata, i mostri come metafore, il fantastico come epifania. In Il colombre, come in tanti altri racconti, il reale si deforma in poesia — e diventa verità più profonda.
“Tutta una vita passa Stefano, di oceano in oceano, dopo che ha preso il posto del padre (e pure dopo un iniziale tentativo di far vita terrestre), nel timore del terribile colombre. E il mostro, puntuale, appare all’orizzonte nella sua segreta e silente minaccia”.

L’Irlanda dei grandi scrittori
di Francesco Bruno Fadda
Il realismo magico ci serve. Ora più che mai.
In un mondo che pretende spiegazioni continue, questi autori ci ricordano che il mistero non è un difetto, ma una forma di conoscenza. Che i luoghi contano. Le voci contano. E che c’è una parte dell’Italia che continua a sognare in dialetto, a parlare coi morti, a credere nelle cose invisibili.
Forse è proprio da qui che sta già rinascendo una nuova letteratura. Silenziosa, magica, ostinata.
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