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Papa Francesco: 5 cose che non sapevi sul Pontefice

Dalla rinuncia alla TV alla preghiera per il senso dell’umorismo: piccoli dettagli che raccontano l’uomo dietro il Pontefice.

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Non verrà sepolto nelle Grotte Vaticane, come accadeva da secoli. Non sarà esposto su un catafalco, né circondato dalla solennità di un corpo pontificio in armi. Papa Francesco ha voluto che anche il suo addio seguisse lo stile sobrio, diretto e umano che ha attraversato tutto il suo pontificato. La bara sarà semplice, in legno rivestito di zinco. Nessuna ostentazione. Nessun trono.Solo una preghiera discreta, la sua gente e una scelta d’amore: riposare per sempre nella Basilica di Santa Maria Maggiore, vicino all’icona della Madonna Salus Populi Romani, alla quale era profondamente devoto.

È un gesto coerente fino all’ultimo dettaglio, che restituisce il senso più autentico della sua missione: Francesco non ha voluto essere un Papa da incensare, ma un uomo da ricordare. Un pastore tra la sua gente. E se molto si è detto della sua riforma della Chiesa, dei viaggi, delle encicliche e dei gesti storici, ci sono aspetti della sua persona che raccontano chi era davvero. Le pieghe semplici della sua umanità: ironica, argentina, popolare. Quella che, forse più di tutto, lo ha reso vicino a chiunque.

Ecco allora cinque piccole verità che aiutano a comprendere, con un sorriso e un po’ di malinconia, l’uomo dietro la veste bianca.

Cinque piccole verità per ricordare l’uomo Francesco

1. Il Papa non guardava la televisione. Peruna promessa.

Nel 1990, molto prima del conclave, Jorge Mario Bergoglio fece una promessa alla Vergine del Carmelo: avrebbe smesso di guardare la televisione. Una decisione silenziosa, radicale, rimasta intatta anche dopo essere diventato Papa. Nemmeno la finale dei Mondiali 2022, vinti dalla sua Argentina, lo spinse a infrangere quel patto. In quei momenti, Francesco non era davanti allo schermo, ma in preghiera. Era un modo tutto suo per restare leggero e fedele, in un mondo che confonde spesso visibilità con presenza.


2. È stato buttafuori in discoteca. E ascoltava.

Prima del sacerdozio, tra un lavoro e l’altro, si trovò a fare il buttafuori in una discoteca di Buenos Aires. Non era una figura autoritaria o muscolare, ma c’era per mantenere l’ordine. Stava sulla porta, osservava le dinamiche, gestiva le tensioni. Racconterà che fu un periodo utile, perché imparò a “leggere le persone in pochi secondi”. E in fondo, non ha mai smesso di farlo: ha continuato ad accogliere, ad ascoltare, a proteggere. Anche da Pontefice.


3. Sul campo da calcio lo chiamavano “pata dura”

Francesco era un tifoso acceso del San Lorenzo, ma con il pallone tra i piedi – ammetteva lui stesso – era “un palo”. Gli amici lo chiamavano affettuosamente “pata dura”, gamba rigida, per il suo stile poco elegante con il pallone. Eppure, non smise mai di giocare. Il campo era un luogo di libertà e comunità. E come spesso accade con lui, il significato contava più del risultato. Giocava per esserci. Per stare con gli altri. Perché la vita, come il calcio, non si vince da soli.

4. Amava il tango. E lo sapeva ballare.

Il tango non era solo una musica o un ballo per Jorge Mario Bergoglio: era parte del suo sangue. Nato a Buenos Aires, portava dentro di sé quel battito malinconico e profondo. Confidò di averlo ballato, e bene, da giovane. Quando gli chiesero chi preferisse tra Pugliese e D’Arienzo, rispose senza esitazione: “D’Arienzo”. E poi, sorridendo: “Io sono Troilo.”

Nel 2014, in occasione del suo compleanno, migliaia di coppie danzarono il tango in Piazza San Pietro. Perché il popolo riconosce sempre chi gli appartiene.


5. Pregava per non perdere il sorriso. Ogni giorno.

Francesco non credeva nei cristiani tristi. Diceva che il “sigillo del cristiano è la gioia, non la faccia da peperone inacidito”. Per questo, ogni mattina recitava una preghiera scritta da San Tommaso Moro, per conservare il senso dell’umorismo:

Dammi, Signore, il senso dell’umorismo.
Concedimi la grazia di comprendere le battute,
affinché possa conoscere un po’ di gioia nella vita
e possa comunicarla agli altri.

Era una preghiera leggera, eppure potentissima. La citava anche in incontri ufficiali, come quello con Macron. Perché per Francesco, la fede vera non irrigidisce. Libera. E sa ridere, anche nei giorni difficili.

Un’eredità fatta di umanit

C’è una dolcezza disarmante nel modo in cui Papa Francesco ha scelto di andarsene. Senza clamore, senza simboli dorati, senza che la morte diventasse spettacolo. Ha lasciato come ha vissuto: con passo sobrio, fedele, coerente. Ha preferito una basilica popolare a un sepolcro regale, chiesto una bara semplice e voluto che il suo nome fosse ricordato non nei marmi, ma nei gesti quotidiani della gente. E così resterà. Nelle preghiere dette sottovoce. In una risata condivisa a tavola. In un ballo improvvisato. In una porta aperta. In un abbraccio inaspettato.


Francesco non è stato un Papa perfetto, ma ha provato ad essere un uomo intero. E forse è per questo che oggi, mentre il mondo lo saluta, non ci resta solo la tristezza, ma anche una strana, luminosa gratitudine.

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Scritto da
Giusy Dal Pos

Cinquant'anni (circa), padovana, eppure non è mai riuscita a farsi dare della gallina. Pur provandoci. Oggi vive a Marne-la-Vallée, alle porte di Parigi, dove traduce libri e beve tè. E champagne ovviamente, ma mai insieme.

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