“Cari fratelli e sorelle, buona Pasqua”. L’ultimo saluto rivolto ai fedeli, ma anche l’ultimo saluto alla vita terrena di Jorge Mario Bergoglio, l’uomo “venuto dalla fine del mondo”, Papa Francesco. Dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, Papa Francesco si è affacciato per l’ultima volta domenica 20 aprile 2025 per pronunciare il tradizionale messaggio pasquale e impartire la benedizione Urbi et Orbi. Un gesto che, oggi, assume un significato ancora più profondo, un addio silenzioso e solenne.
Una domenica piovosa di Pasqua, quella del 2025, che rimarrà scolpita nella memoria dei fedeli come l’ultimo atto pubblico di un pontificato segnato da umanità, coraggio e dedizione. Un pontificato che ha toccato le corde più intime dell’anima, che ha parlato al cuore di milioni di persone.

Jorge Mario Bergoglio fu eletto il 13 marzo 2013, scelse il nome di Francesco e si insediò il successivo 19 marzo. È stato il 266esimo successore di Pietro, scelto dal Conclave dopo le clamorose dimissioni del suo predecessore, Benedetto XVI. “Miserando atque eligendo” il suo motto: l’espressione si può tradurre come “[lo] guardò con misericordia (con sentimento di pietà) e lo scelse” ed è tratta da un’omelia di Beda il Venerabile, santo e dottore della Chiesa vissuto tra il VI e il VII secolo. Un motto che ha guidato ogni sua azione, ogni sua parola.
Un’esistenza fuori dagli schemi, guidata dalla fede
Jorge Mario Bergoglio è morto questa mattina, all’alba del 21 aprile 2025, nella sua residenza alla Casa Santa Marta. Aveva 88 anni. La notizia, diffusa in tutto il mondo, ha suscitato un’ondata di commozione e dolore. È stato il primo Papa sudamericano, il primo gesuita a sedere sul soglio di Pietro, e il primo a scegliere il nome di Francesco, un nome che è diventato sinonimo di umiltà e amore.
Il pontificato di Papa Francesco è stato segnato da momenti e gesti che hanno dato forma al suo messaggio incentrato sui principi di misericordia, dialogo e vicinanza agli ultimi. D’altra parte, nelle crisi globali dell’ultimo decennio, Bergoglio ha fatto sentire la voce della Chiesa cattolica in un modo che non di rado ha fatto discutere, ma sempre con l’obiettivo di portare conforto e speranza. Ricordiamo le sue parole durante la pandemia, quando ha invitato il mondo intero a non perdere la speranza.

Figlio di emigranti piemontesi, nato a Buenos Aires nel 1936, Bergoglio ha attraversato la vita con il passo fermo e discreto dei gesuiti. Studente di chimica, insegnante, teologo, arcivescovo nella capitale argentina, ha conosciuto la miseria delle periferie e il buio delle dittature, vivendo il sacerdozio come missione, non come potere. Quando nel 2013, alla quinta votazione, fu eletto Papa, si affacciò al balcone con una semplicità disarmante e un saluto che segnò subito un cambio di passo: “Fratelli e sorelle, buonasera”. Era iniziato un pontificato che avrebbe toccato corde profonde nella storia della Chiesa e dell’umanità. Ma oggi non è ancora il tempo delle analisi. Oggi è il tempo del volto, della voce, dei gesti. Oggi è il tempo del ricordo e della gratitudine.
Gesti che parlano più delle parole: il pontificato dei simboli forti
Papa Francesco è stato prima di tutto un uomo capace di abbassarsi. Lo fece il 13 luglio 2013, appena quattro mesi dopo l’elezione, recandosi a Lampedusa. Scelse l’isola simbolo della frontiera più drammatica del nostro tempo per pronunciare un’omelia che scosse le coscienze: “Abbiamo perso il senso del pianto.” Parlava ai cuori, non ai potenti. E le sue parole risuonano ancora oggi, come un monito per l’umanità intera.

Papa Francesco, 47 viaggi per cambiare il mondo
di Alessandra Iannello
È stato il Papa che si inginocchiò davanti ai leader del Sud Sudan per implorare la pace, baciando i loro piedi. Il Papa che scelse di vivere in una stanza spoglia a Santa Marta invece che negli appartamenti pontifici. Che telefonava, di persona, a chi gli scriveva lettere. Che attraversò da solo una piazza San Pietro deserta sotto la pioggia, il 27 marzo 2020, in uno dei momenti più intensi e tragici della pandemia. Lì, nella notte dell’umanità intera, sembrava tenere accesa da solo una fiammella di speranza. Un’immagine che rimarrà impressa nella memoria di tutti.
Con Benedetto XVI ha condiviso un tempo straordinario e inedito: due Papi, uno emerito, l’altro in carica. Non un dualismo, ma una convivenza silenziosa e rispettosa, che ha segnato un’epoca. Un esempio di umiltà e servizio.

Un grande comunicatore
Francesco è stato il Papa della misericordia. Il Papa di “Chi sono io per giudicare?”, frase pronunciata parlando delle persone omosessuali, ma divenuta paradigma di un approccio più inclusivo, più umano, più evangelico. Una frase che ha aperto un nuovo capitolo nella storia della Chiesa.
Aveva un modo tutto suo di comunicare: diretto, affettuoso, ironico. Lo si vedeva sorridere ai bambini, abbracciare gli ammalati, scherzare con i giornalisti. Aveva il coraggio della tenerezza, la forza della mitezza. Parlava della Chiesa come di un “ospedale da campo”, e del Vangelo come di una carezza, non come di una clava. E il suo sorriso, il suo sguardo, erano un balsamo per l’anima.
In questi dodici anni ha attraversato tempeste, divisioni interne, scandali. Ma ha cercato, sempre, di rimettere al centro le periferie, i poveri, i migranti, la Terra ferita. E anche quando non è stato compreso, è rimasto fedele al suo stile sobrio, essenziale, misericordioso. Un esempio di coerenza e integrità.
Addio a un uomo contemporaneo ed eterno
Con lui se ne va un uomo del nostro tempo, e insieme un testimone dell’eterno. Se ne va un pastore che si è fatto fratello. Che ha cercato non di essere amato dal mondo, ma di amare il mondo così com’era. E il suo amore è arrivato a tutti, credenti e non credenti.
Lo piangono i fedeli, lo ricordano i non credenti. E forse, oggi più che mai, il suo insegnamento risuona chiaro in una frase che gli apparteneva profondamente: “La realtà è più grande dell’idea.” Una frase che ci invita a non fermarci alle apparenze, ma a guardare in profondità. Ora che il mondo ha smesso di ascoltare la sua voce, resta l’eco viva dei suoi gesti. E quell’eco – come accade con i veri testimoni – continuerà a parlare. A guidarci, a ispirarci.
Jorge Mario Bergoglio, l’uomo “venuto dalla fine del mondo”, Papa Francesco. Un uomo che ha cambiato la storia. Un uomo che ha amato il mondo. Un uomo che ci ha lasciato un’eredità preziosa.
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