Si è conclusa da poco la Milano Fashion Week Autunno/Inverno 2025-2026, lasciando dietro di sé una scia di colori, di tendenze che promettono di dominare la prossima stagione invernale con capi sempre più sostenibili e un occhio rivolto al passato, a quando la moda era sottile, intima, elegante.
2026, Moda e nostalgia
Bene i materiali tecnologici e innovativi, le trasparenze, le tinte neutre (il panna, il bianco, l’avorio, il cammello) ma anche i colori decisi come il verde acido, il viola. E le linee pulite ispirate agli anni Novanta. E poi la seta, la pelle, il velluto, il denim e la pelliccia mixati ad arte, i capi con ricami preziosi, i collant coloratissimi. Il tema ricorrente è la nostalgia che diventa una dichiarazione di stile, l’identità e l’individualità come contrapposizione a un modo sempre più omologato. Una cosa è certa: la moda sa sempre reinventarsi, sdoganando anche “il proibito”.
Dalla politica alla moda andata e ritorno
Si pensi al bikini. Correva l’anno 1955, simbolo di libertà da un’assurda imposizione, quella di non poter sfilare in passerella in considerazione della rigidezza dell’allora onorevole Scalfaro di fronte alle nudità femminili. Lo racconta Oriana Fallaci, giornalista, scrittrice e attivista italiana, conosciuta non solo in quanto voce delle grandi tragedie della storia, ma per il suo stile incisivo e le interviste a personaggi di spicco della politica e della cultura mondiale.
Processo alla Minigonna

Nel libro pubblicato postumo intitolato “Processo alla minigonna. Da Coco Chanel a Mary Quant, l’impero della moda tra genio e follia” c’è un’Oriana inedita. Il libro offre un punto di vista affascinante e provocatorio sull’impatto della minigonna, indumento iconico, sulla società. Non solo moda ma, un po’ come il bikini, un fenomeno sociale. In entrambi i casi Oriana racconta non stoffa ma simboli di emancipazione femminile, di libertà e di ribellione. E lo fa quasi per caso. Dopo avere lavorato al “Mattino dell’Italia centrale”, Oriana Fallaci si distinse su “L’Europeo” per i racconti minuziosi sul cinema e i suoi personaggi. Da qui approdò “casualmente” alla moda quanto venne spedita a casa dell’uomo del secolo: Christian Dior.
Un’inchiesta fuori dal comune

“Processo alla minigonna” è un viaggio nei salotti dell’haute couture e dei couturiers. Dagli abiti romani dell’imprenditrice Soraya a Coco Chanel (che, come scriveva la Fallaci, è “la donna più odiata dai sarti di Parigi”; per poi continuare il viaggio sfiorando l’erede timido di Dior, Yves Saint Laurent. O il vivace profilo di Pierre Balmain, “l’unico sarto che non assomiglia a un sarto”, con il suo carattere schietto e il suo amore per le donne.
La moda è oggi
Un tuffo nel passato dalle passerelle ai salotti che potremmo immaginare in parallelo a quelle dei nostri giorni. Una corsa tra le luci impazzite di città frenetiche e sempre più fragili, e party serali sfavillanti con celebri cover-girls, tartine e champagne. Se allora c’erano i sostenitori e i detrattori della minigonna, oggi l’attenzione cade ancora su les mannequins, fisici esili, delicati, perfino androgine. O sul bisogno di un cambio di paradigma per l’intero settore. Che si riflette sui consumatori che scelgono sempre di più l’artigianato e i brand emergentirispetto ai grandi nomi, spesso omologati e costosi.
Un libro che fa riflettere, insomma, perché seppur con la sua prosa tagliente e il suo stile inconfondibile, la Fallaci ci invita a considerare lo stringente rapporto tra moda e società. E, in particolar modo, il rapporto con la libertà, propria e di espressione, cogliendo uno spaccato dell’epoca. Un racconto e una società che a distanza di decenni ripropone le medesime debolezze. Oggi c’è almeno una crescente attenzione verso la diversità e l’inclusività, con modell* di diverse etnie, età e taglie che sfilano in passerella, oltre alla volontà di celebrare lusso e artigianalità come fusione tra razionalità ed emozione. Un cambiamento positivo nel settore ancora per pochi ma che sta diventando un po’ più rappresentativo del mondo in cui viviamo.
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