A volte in televisione capitano piccoli miracoli. Capita che un artista storicamente estremamente riservato inciampi per caso – che caso non è, affatto – in delle esibizioni che ne svelano l’anima. Personale e canora. Aprendo nuovi orizzonti. Aprendo sicuramente molti sguardi su una capacità comunicativa multisfaccettata e su una personalità profonda. E capita che facendo ciò l’artista in questione disegni delle pagine di bellissima televisione. Di quella che non accade più. Che Alessandro Mahmoud – Mahmood per il pubblico mondiale – fosse una star lo dicevano già i circa 4 miliardi di streams totali su tutte le piattaforme. L’anima da artista probabilmente la stiamo scoprendo in questi mesi.
Il potere della tenerezza
In principio fu Ornella Vanoni con Sant’Allegria. E Fabio Fazio. Ma è impossibile non amare molto di più la cantante del presentatore. Per la grazia con cui affronta i suoi 90 anni. Per la sincerità irriverente e quel suo essere femminista controcorrente. L’amicizia fra lei e Mahmood nasce a telefono molto tempo prima di quell’esibizione diventata virale per sentimento in un’epoca in cui, solitamente, a diventare virale è la volgarità. Oppure i gattini finti creati con l’intelligenza artificiale.
La prima volta che i due hanno cantato insieme Sant’Allegria è stato al forum di Assago sul finire di ottobre del 2024. Video sfocati dell’esibizione hanno cominciato a circolare su tutti i social quasi immediatamente. Ma la magia è avvenuta quando i due sono arrivati insieme a Che Tempo Che Fa il 15 dicembre 2024 a presentare alla corte – di palazzo, non reale – di Fazio il singolo inciso in pochissimo tempo e lanciato world wide il 10 di dicembre (oltre 5 milioni di ascolti al 6 aprile 2025 solo su Spotify).
L’Italia si è innamorata. Della canzone, una riedizione che rasenta i confini definiti del capolavoro. Della coppia, assolutamente inedita e con una naturale intesa vocale. Della tenerezza, che è merce rara di questi tempi e che era trattenuta e tratteggiata in ogni singolo vocalizzo. E ancora di più in ogni sguardo che Mahmood rivolgeva alla sua compagna di palco, in ogni carezza. Di Mahmood stesso, che all’improvviso squarcia il velo e si lascia osservare da tutti. Soprattutto da chi non è mai stato parte del suo pubblico, da chi per gusto o per generazione si era fermato molto prima. Le apparenze d’altronde contano, anche se forse che in un ragazzo che pettina la madre prima di portarla con sé su un red carpet ci fosse qualcosa in più, potevamo arrivarci tutti.
Mahmood e le altre (canzoni)
La voce di Mahmood si era già interfacciata con canzoni che non appartengono al suo solito regime stilistico: Sound of Silencenel 2019, Il Cielo in una Stanza, Com’è profondo il mare, la bellissima No Potho Reposare, canzone sarda che ha riproposto in più di un’occasione e ha parzialmente inciso in T’Amo del 2021. Dai 27 anni ai 35 il passo è però ampio e ben disteso e la crescita personale e artistica importante. L’idea, dopo l’incisione di Sant’Allegria, che la sua espressività e la sua voce riescano a esplodere ancora di più in canzoni che tecnicamente non gli appartengono, è sempre più diffusa. O forse l’idea è che canzoni che non gli appartengono in maniera precostituita non esistono.
L’ultimo esempio, il più fresco, di questa teoria è andato in onda il 10 aprile 2025, nell’ultima puntata di stagione di Splendida Cornice. Geppi Cucciari e Mahmood – in questo caso galeotto fu Carlo Conti e il suo Sanremo, che ha siglato la nascita di quella che sembra una bella amicizia – hanno disegnato una pagina di televisione delicata e intensa. Quasi urgente, dal momento che parlare di confini, oggi, è rivoluzionario. Il monologo della presentatrice sul vivere in un’isola trascende ogni didascalia e diventa un appello a non chiuderci, a non diventare numeri “nel grande mercato della rabbia in cui ci guadagna solo chi la” istiga e si finisce per restare “ultimi, senza nemmeno qualcuno con cui prendersela”.
La parola scritta non può sostituire l’esperienza, l’esibizione in questione va vista, perché è emozionante, perché fa riflettere. Perché quella Spunta la luna dal monte (Pierangelo Bertoli & Tazenda, 1991) interpretata da Mahmood chiude un filo azzurro attorno alle parole.
La metamorfosi
Le parole possono però soffermarsi sulla metamorfosi di un uomo che cresce e di un’artista che non solo è in un’evoluzione continua – per definizione -, ma che sembra mettersi a disposizione sempre di più dell’ascolto e di chi ascolta. A cuore aperto. Ogni volta di più soprattutto con canzoni altre, mai uguali, cangianti. Che trova nel confronto con altri testi un appiglio per far volare più alta la sua voce. Noi non possiamo che augurarci che queste occasioni si moltiplichino, fino a diventare miliardi, come i sui streams. Perché quest’uomo intimo, che rispetta le donne con tenerezza, che gioca con la poesia dei testi e della musica, ci piace davvero tanto.
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