Vinitaly è una prova di resistenza fisica e mentale, un rito di passaggio enogastronomico, una specie di labirinto in cui Dioniso e Satana si danno il cambio per testare i tuoi limiti. Quattro giorni in cui potresti benissimo finire senza soldi, senza voce e senza fegato, ma con una collezione di brochure di aziende vinicole che non guarderai mai più. Ecco, quindi, una guida di sopravvivenza per attraversare l’inferno con un minimo di grazia.
1. Arrivare a Verona: il treno è il tuo migliore amico
Arrivare a Verona in auto è l’equivalente automobilistico del cercare di entrare in una discoteca di Ibiza con i sandali da trekking: faticoso, frustrante e alla fine comunque una pessima idea. Se sei un espositore, la macchina ti condanna a parcheggiare in un limbo che, alla fine della giornata, si trasforma in un campo di battaglia. Ho visto gente attendere due ore solo per uscire, ho visto autisti di furgoni sul punto di venire alle mani per una precedenza e ho personalmente sedato una rissa offrendo sigari e cioccolata.
Il treno è un’oasi di civilt: costa meno, ti risparmia il parcheggio e ti concede il lusso di dormire a Bologna, evitando di dover impegnare il primogenito per una stanza in centro a Verona.

2. La mobilità urbana: il piccolo miracolo della bicicletta
Se sei riuscito a trovare un hotel a Verona senza vendere un rene, congratulazioni. Ora, però, devi muoverti. Qui entra in gioco la bicicletta, il vero mezzo di trasporto per affrontare Vinitaly come un professionista. C’è una ciclabile meravigliosa che ti porta in Fiera senza dover competere con taxi impazziti e navette strapiene di sommelier sudati. Io mi affido da anni alla mia Brompton, il mio fidato destriero pieghevole, e non tornerei mai indietro.
3. Strategia di guerra: scegliere dove andare prima
Vinitaly non è un posto in cui puoi vagare a caso aspettando che la Provvidenza ti porti ai migliori stand. Devi decidere prima, fissare appuntamenti, tracciare un percorso. Se non lo fai, ti ritroverai a fine giornata con quattro calici in mano, il telefono scarico e il vago sospetto di aver visitato lo stesso padiglione tre volte.
4. Vinitaly non è un ristorante
A meno che tu non abbia intenzione di vendere anche la seconda figlia (che, tra l’altro, non hai perché siamo in Italia e la natalità è quella che è), al Vinitaly non si mangia. Si spelluzzica. Ci si avvale della mistica arte della degustazione casuale: taralli, Bibanesi, qualche pezzo di formaggio qua e là, un crostino se ti dice bene. Se sei fortunato, becchi uno stand che serve anche del prosciutto. Il vero professionista della fiera sa come sfruttare queste opportunità senza sembrare uno scroccone.
5. Ah, giusto, il vino
C’è anche del vino, pare. Se ti capita, assaggialo.

Vinitaly, Padiglione Veneto: Cecchetto presenta la Vendemmia solidale con l’Apid
di Francesco Bruno Fadda
6. La sera: doccia, pennica e cena (forse)
Dopo una giornata a Vinitaly, il ritorno in hotel è un viaggio spirituale. Prima cosa: doccia. Seconda cosa: pennica strategica. Poi, e solo poi, si valuta la cena. Se hai prenotato almeno un mese prima, puoi sperare di sederti in un buon ristorante.
Altrimenti, le opzioni sono due:
1. Signorvino, dove finirai comunque a bere e piluccare.
2. McDonald’s, che ti accoglierà con le braccia aperte quando sarai troppo stanco per ribellarti al tuo destino.
E così, con il fegato affaticato e lo spirito intatto, andrai a dormire, pronto per un altro giorno di battaglia.
Inserisci commento