“Rappresenta l’essere britannici”, ha affermato Patrick Huston, arciere olimpico della squadra britannica, a proposito del berretto piatto, comunemente chiamato da noi italiani coppola. Un’affermazione quanto mai esatta, dato che il flat capnasce in Inghilterra nella metà del Sedicesimo secolo, per poi essere solo dopo esportato in Sicilia.
Stiamo parlando di un copricapo che, fino a pochi anni fa, sembrava un accessorio retrò. E che invece oggi ritroviamo sempre più spesso nelle collezioni di alta moda. Merito di quel tocco vintage che sa donare agli outfit quotidiani, ormai ricercato dalla maggior parte degli stilisti.
Un berretto tanto pratico quanto simbolico
L’utilizzo del flat cap nasce nel lontano 1571, quando durante il regno dei Tudor fu emanata una legge che imponeva agli uomini (fatta eccezione per nobili e alta borghesia) di indossare copricapi in lana totalmente made in England. Nasceva per stimolare l’industria della lana che all’epoca rappresentava gran parte dell’economia. Una legge non convenzionale, che durò per un breve periodo, mentre l’abitudine di indossare un berretto piatto (come la coppola, appunto) rimase per secoli.

La sua diffusione crebbe gradualmente, fino a toccare il suo apice nell’Ottocento. Fu allora che iniziò ad essere utilizzato soprattutto come accessorio pratico dalla working class inglese ed irlandese. E, solo in ambito sportivo, anche dai ceti sociali più elevati. Per vederlo in testa agli italiani bisognerà però aspettare la fine del XIX secolo, quando diverse famiglie inglesi emigrarono in Sicilia alla ricerca di affari e fortuna. Nel giro di pochi anni, i siciliani si appropriarono di questo copricapo, arrivando a ribattezzarlo coppola. L’ispirazione? La sua forma, che vagamente ricordava una tazza (in inglese “cup”).
In tal modo la coppola si ritagliò un posto all’interno della cultura siciliana in quanto emblema della ricchezza e quindi spesso associata a uomini d’onore. Con il passar del tempo divenne così un cappello che incuteva terrore, perché tratto distintivo dei picciotti, i mafiosi siciliani. Oggi si è liberata di quel peso ed è di gran moda.
Quella dei Peaky Blinders non è una coppola!

La coppola è non confondere con il berretto “newsboy” a otto quarti. Il processo di creazione di questo copricapo passa da uno stiramento con un’apposita testa di legno, che le conferisce la forma finale. Non possiede quindi cuciture sulla sommità, come invece avviene per il capello da strillone (diventato celebre grazie alla serie Peaky Blinders), e si caratterizza per avere la visiera nascosta, quasi integrata al cappello.
Benché questo berretto era visto inizialmente come sinonimo di temperature rigide, perché prodotto quasi esclusivamente in tweed, ossia un tipo di lana tipicamente scozzese, nel tempo ne sono state create molte versioni. Con l’aiuto degli artigiani, diversi stilisti e designer hanno di fatto pensato a trasformarlo in un accessorio adatto a tutte le stagioni, realizzandolo in svariati tessuti e fantasie, come la lana pregiata, il cotone, il lino, la pelle, il tartan e il velluto.
Il giusto contrasto tra vintage e moderno
Dopo la graduale diffusione dell’automobile, iniziata negli gli anni Cinquanta e Sessanta, la coppola cadde in disuso, come del resto un poco tutte le tipologie di cappelli, dato che non c’era più bisogno di proteggersi dalle intemperie.
Ma grazie alle case di alta moda (comeDolce&Gabbana, ndr) la coppola è risorta a nuova vita. Oggigiorno, infatti, il berretto piatto non serve più solo a tenere la testa calda e asciutta, ma a dare quel tocco di eleganza all’abbigliamento del momento, senza cadere troppo nel vintage nostalgico. Un contrasto tra vecchio e nuovo che rende l’utilizzo della coppola sempre più popolare. E questo perché, a seconda del tessuto, la coppola può essere indossata in ogni periodo dell’anno.

In Irlanda sulle orme dei grandi scrittori
di Francesco Bruno Fadda
Motivo per cui verrebbe da dire, mai come in questo caso, che le coppole abbondano sulle teste di chi vuole essere alla moda.
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