La prostituzione in Italia è diventata legale. Non “apertamente legale” come in Germania o in Svizzera, dove puoi prenotare una prestazione come un massaggio shiatsu, ma fiscalmente, sì: dal 1° aprile 2025 puoi aprire una partita IVA per “servizi di incontro ed eventi simili”, grazie al codice ATECO 96.99.92. Un numero elegante, quasi fosse un profumo di Hermès. Lo Stato non la chiama “prostituzione”. Ma nemmeno la nasconde. È quel tipo di ambiguità che piace all’Italia: la decenza amministrativa che copre l’indecenza storica. È un po’ come mettere la carta da parati sopra una crepa strutturale.
C’è qualcosa di squisitamente italiano in tutto questo: la capacità di regolare ciò che non si osa nominare. Si può fare sesso a pagamento, ma non lo si può organizzare. Il corpo è tuo, ma solo se lo gestisci in autonomia. Se invece lo affitti con contratto e manager, scatta il reato. È il paradosso della freelance con pudore: tutto è permesso, ma nulla deve disturbare l’illusione borghese che si tratti ancora di un lavoretto da ragazze sveglie.
Dove si coltiva oggi quell’illusione?
Dove si forgiano le nuove Marie Antoinette del digitale? Ma su Instagram, ovviamente, e nel suo oscuro gemello più lucrativo, OnlyFans. Scorri i feed e vedi: estetiche bianche, candele accese, frasi motivazionali, yoga al tramonto, e poi — zac — uno swipe verso una foto sfocata e sensuale, con la scritta “link in bio” che non porta a un blog spirituale ma a un abbonamento mensile da 9,99. È pornografia ma a bassa esposizione, softcore con patina vintage e filtri Parigi. È l’illusione del controllo che funziona così bene nelle economie fragili: se mi spoglio io, lo faccio per me. Se mi pagano, è perché valgo. Se il governo incassa, è perché sono un’impresa. E così la prostituzione diventa un’estensione coerente della brand identity personale.

Solo che il fisico, a differenza di un feed, invecchia. In un Paese in cui la scuola è un fastidio, la sanità un privilegio, e la cultura un orpello, lo Stato ha ceduto con facilità alla scorciatoia del soldo facile. L’escort che si fa partita IVA è, a conti fatti, più produttiva di un giovane antropologo precario, e questo basta. D’altronde lo aveva già sdoganato la tv anni fa, con reality, tour estivi dal sapore post-adolescenziale (il Calippo Tour, chi se lo scorda?), e influencer diventate milionarie mostrando “quanto basta”.
Codice ATECO, marketing e legalizzazione
L’idea di sesso come mestiere è diventata cool, liberata, soft-femminista. Ma solo finché funziona come una campagna pubblicitaria: con le luci giuste, i filtri adatti, il silenzio dei genitori. È l’effetto Instagram, dove tutto è vendibile se ha una buona caption. E in questo scenario — ironia della sorte — la legge Merlin non è superata, è semplicemente scavalcata. La regola resta, ma si aggira con eleganza. Proprio come si fa con un autovelox che si sa dov’è: si rallenta, si sorride, poi si riparte più veloci.
Ma c’è un punto che resta fermo, e qui si affaccia la parte più seria, più cupa, forse più femminista. Perché se il corpo diventa impresa, allora ogni crisi, ogni dolore, ogni disagio, può essere monetizzato. La libertà di vendersi è una libertà ambigua. Spesso, è solo l’ultima spiaggia in un mondo che ha tolto tutto il resto: stabilità, sicurezza, rispetto. È questa l’altra faccia del “sex work is work” quando lo si brandizza senza contesto: un mercato dove il desiderio maschile resta il vero motore, anche se camuffato da empowerment.
Regolata? No, raffinata
Alla fine, la prostituzione non è stata né abolita né regolata: è stata raffinata, come un vino da export. Lo Stato ha deciso che se deve esistere, tanto vale incassare. Ma non la difende, non la protegge, non la eleva. La lascia lì, tra le stories, il codice ATECO, le bio di OnlyFans e le illustrazioni minimaliste con cuori color burro.

Una generazione sobria, forse troppo
di Terry Nesti
E le ragazze?Alcune ci stanno dentro benissimo, certo. Sono brave, sveglie, autonome. Ma molte no. E tutte, alla fine, sono sotto lo stesso algoritmo. Che non ha empatia, né sindacati. E cambia le regole quando vuole.
Alla fine, ogni epoca trova il modo più adatto per mascherare la propria disperazione.
Noi abbiamo scelto i filtri, le caption motivazionali e le partite IVA. Abbiamo preso il dolore millenario di corpi venduti e lo abbiamo trasformato in contenuto premium, lo abbiamo sdoganato sotto forma di glamour, lo abbiamo monetizzato fino a renderlo irrilevante.
Ma la verità — quella che non si mostra in live né si scarica in PDF — è che nulla è cambiato.
Abbiamo solo imparato a sorridere meglio mentre crolliamo. E a fatturare mentre lo facciamo.
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