Immaginate il seguente scenario: il telegiornale apre con la folla raccolta in Piazza San Pietro, la voce grave dell’inviato che parla di “lutto universale”, i funerali solenni di un Pontefice, le lacrime sincere e quelle per protocollo, il fumo nero e poi quello bianco, i conclavisti che emergono affaticati ma sereni dal lungo travaglio elettivo. E subito dopo — nel medesimo ciclo cosmico di eventi — arriva una notizia dallo stadio Partenio-Lombardi di Avellino: la squadra è stata promossa.
Ora, se questo accadesse una volta sola, ci sorrideremmo su. Due volte, magari ci alzeremmo un sopracciglio. Ma cinque? A quel punto, si entra in un’altra dimensione narrativa. Una dimensione in cui il pallone sembra ruotare non sull’erba, ma sul marmo del Baldacchino del Bernini.
Partiamo dai dati, che sembrano il punto più razionale e quindi il meno affidabile in questa faccenda.

Avellino: la cronistoria
1958
Papa Pio XII muore. L’U.S. Avellino 1912 viene ammesso in Serie C.
1978
Un doppio lutto pontificio (Paolo VI e il brevissimo Giovanni Paolo I) accompagna l’epocale promozione in Serie A.
2005
Giovanni Paolo II muore. L’Avellino torna in Serie B.
2013
Benedetto XVI si dimette. Avellino di nuovo in B.
2025
Papa Francesco muore. Il Partenio festeggia la promozione.
Quella coincidenza simbolica
Non si tratta qui di insinuare un nesso causale — nessuno sta dicendo che i cardinali seguano le partite in conclave o che il destino spirituale della cristianità venga influenzato dalle prodezze di un centravanti irpino. Ma nemmeno si può ignorare il peso simbolico della coincidenza. C’è una sincronicità bizzarra, uno strano eco tra le gerarchie celesti e le classifiche di Serie C.
Anzi, diciamola tutta: se qualcuno mettesse in scena una commedia nera in cui ogni promozione dell’Avellino richiede, come sacrificio propiziatorio, la fine di un pontificato, verrebbe stroncato per eccesso di invenzione e mancanza di tatto. Eppure è esattamente quello che la realtà sembra voler inscenare, con una regia degna del più cinico degli sceneggiatori.
Ma chi è lo sceneggiatore?
A questo punto sarebbe giusto chiedersi: chi ha il controllo di questa sceneggiatura? È Dio, appassionato di leghe minori, che manipola i destini ecclesiastici per aiutare i Lupi a salire di categoria? È forse un algoritmo sbagliato della simulazione in cui viviamo, che ogni tot promozioni attiva anche un evento papale? O è semplicemente la provincia italiana, con la sua vocazione a trasformare coincidenze in dogmi, che ha deciso di raccontare la Storia come se fosse un derby tra sacro e profano?
Il 1978 resta l’anno chiave di questa narrazione. Un anno che pare scritto da un romanziere ubriaco di simbolismo: due Papi defunti, uno nuovo eletto, e l’Avellino che raggiunge la Serie A per la prima e unica volta. Si potrebbe quasi immaginare la riunione del Consiglio celeste: “Signori, l’Avellino ci sta provando sul serio. Qualcuno dovrà scendere dal trono di Pietro.”
Certo, ci sono anche gli anni in cui la leggenda non funziona: il 1995, il 2003, il 2019. Promozioni senza decessi. Si potrebbe liquidare tutto dicendo che è solo un caso. Ma chi vuole vivere in un mondo dove tutto è solo un caso?

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di Giusy Dal Pos
Una leggenda divertente
Perché il bello di queste storie non è la verità, ma il modo in cui si raccontano. Nelle pizzerie di Avellino, tra una birra Moretti e una Margherita ben cotta, ci si racconta questa leggenda con la stessa gravità con cui si discute di modulo 3-5-2 o del mister che non fa i cambi al momento giusto. È il genere di mitologia che serve non a spiegare il mondo, ma a renderlo sopportabile.
In un’epoca in cui ogni analisi è statistica e ogni emozione deve avere un grafico a corredo, la storia dell’Avellino e dei Papi resiste come una barzelletta teologica che nessuno osa davvero smentire. Una superstizione con lo stemma ufficiale cucito sulla maglia e l’altare sempre pronto.
E così, mentre un cardinale si affaccia al balcone per annunciare habemus papam, in Irpinia si stappano spumanti da discount e si accendono i fumogeni. La Chiesa ha un nuovo capo. L’Avellino ha una nuova categoria. E in fondo, ognuno ha ciò che si merita.
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