“Cosa può esserci di più sovversivo di un panificio?”.
Resistenza negata: c’era una volta uno striscione
Ascoli Piceno, 25 aprile 2025. Lorenza Roiati — panificatrice, cittadina, erede complicata di una
storia che ormai interessa a pochi — appende fuori dal suo negozio uno striscione semplice:
“25 aprile, buono come il pane, bello come l’antifascismo”. Non c’è nulla di straordinario, penserete.
E invece no: in un’Italia abituata a confondere la memoria con il marketing e la Resistenza con un
gadget da centro commerciale, persino un panificio può diventare una minaccia.
I controlli
Sono arrivati in due tempi distinti: prima le volanti, poi i borghesi. Gentili, certo. Solo un controllo, dicono, all’attività di Lorenza. Solo una rapida occhiata. Solo una piccola identificazione, due volte, tanto per non sbagliare. Nessuna multa. Nessun arresto. Solo l’eco sottile di qualcosa che, per educazione, preferiamo non chiamare con il suo nome.

L’essenza autentica del 25 aprile
di Terry Nesti
Il pane rimane caldo, fragrante. La scritta rimane appesa fuori la porta del panificio. Ma intorno — se si tende l’orecchio — si sente di nuovo quel fruscio. Quel piccolo, impercettibile rumore che fanno le cose quando iniziano a rompersi.
E proprio come in ogni romanzo di decadenza, tutti fanno finta di non sentire. Perché nulla è più pericoloso di una verità detta senza rumore.
Inserisci commento