Nata nel cuore della Champagne nel 1982, Alice Paillard porta nel sangue una storia secolare, quella di una famiglia di viticoltori, mediatori e vinificatori attivi nella regione dal lontano 1704. Crescere tra i vigneti, respirare l’aria frizzante delle cantine, ha significato per lei un’immersione totale in un mondo di tradizione e passione. Ma Alice non si accontenta delle radici, sente il richiamo dell’ignoto, e nel 1997 parte alla scoperta del mondo.
Dopo gli studi superiori, con un Master avanzato in management conseguito, dopo gli studi tra Parigi e Venezia, nel 2004. Alice si specializza ulteriormente con un Master in Commercio Internazionale di Vini e Liquori a Digione nel 2005. La sua sete di conoscenza la porta a Londra, dove lavora come rappresentante di vendita di vini e liquori per Maxxium UK, e poi a New York, come responsabile della comunicazione dei prodotti agricoli francesi presso Sopexa. Queste esperienze le offrono una visione unica, permettendole di confrontarsi con diversi sistemi di distribuzione e di affinare le sue capacità di vendita e marketing in mercati cruciali.

Un percorso internazionale tra vino, cultura e comunicazione
Nel 2007, Alice ritorna nella sua amata Champagne, a Oger, pronta a immergersi anima e corpo nel lavoro in vigna e in cantina. È qui che inizia il suo lento e meticoloso apprendimento dell’arte dell’assemblaggio, un processo che richiede pazienza, sensibilità e una profonda comprensione del vino. Per quattro anni, Alice viaggia per conoscere i mercati internazionali di riferimento per la maison Paillard, ma non smette di monitorare il vigneto e di studiare gli assemblaggi, dedicandosi con passione alla sua crescita professionale.
Il 2012 segna un punto di svolta: Alice diventa Vice Direttore Generale della Paillard, lavorando a stretto contatto con il padre Bruno. Nel 2018, assume il ruolo di Direttore Generale, succedendo proprio al papà Bruno Paillard, presidente dell’omonima Maison. La sua leadership è forte, determinata, e la porta anche a diventare Direttore di Lanson-BCC, un gruppo di otto case produttrici di champagne, note per l’eccellenza dei loro vini.

Donne, Champagne, futuro
Ma Alice è anche una donna dalle mille sfaccettature: è una moglie e una madre di tre figli di 11, 10 e 6 anni, ruolo che svolge con la stessa dedizione e passione che mette nel suo lavoro. È membro attivo dell’associazione La Transmission – Femmes en Champagne, a testimonianza del suo impegno per la comunità e per il ruolo delle donne nel mondo del vino.
Alice Paillard è una figura di spicco nella Champagne, una donna che ha saputo coniugare la tradizione con l’innovazione, la passione con la competenza, la famiglia con il successo imprenditoriale. La sua storia è quella di un instancabile apprendimento, di una profonda conoscenza del mercato e di un carattere forte e determinato, capace di lasciare un segno indelebile nel mondo dello champagne.
Alla costante ricerca di conoscenza, animata da una curiosità indomabile, ma sempre disponibile a raccontare la Maison Paillard e la terra della Champagne, i suoi punti deboli, componenti importanti del suo cuore. Tra una degustazione di Bruno Paillard Nec Plus Ultra 2009 – presto le nostre impressioni – e un Sigaro Toscano Del Presidente, ci regala il tempo di una chiacchierata.

Una maison indipendente nata da un’idea precisa
Quarant’anni della Maison Paillard, come inizia questa grande storia?
Quando mio padre ha creato la maison, nel 1981, voleva realizzare un vino, aveva tutto nella testa. Lo Champagne che oggi tutti conoscete. All’inizio ci è voluto un po’ di tempo per arrivare all’equilibrio che cercava: quattro vendemmie, per l’esattezza. Quando nel 1985 ci è riuscito, ha “scritto la sua ricetta”, in un certo senso. Un assemblage è come una creazione musicale, componi una partitura che rimane, ma ogni anno viene interpretata in modo diverso, con attori diversi.
È un equilibrio tra creazione e interpretazione. E proprio dall’85, felice del risultato, ha deciso di creare una riserva perpetua: ogni anno, l’assemblage nuovo si lega ai precedenti, mantenendo un filo conduttore tra le annate. Così, in ogni bottiglia ci possono essere gocce del ‘85, ‘86, ‘87. Sempre con un’annata base preponderante. Le annate più vecchie aiutano quelle nuove a crescere. E ogni vendemmia è una nuova avventura, seppure l’obiettivo resti sempre il medesimo. Ritrovare quella dinamica precisa, costante.
Paillard, una vera icona. Bella responsabilità guidarla.
Il passaggio di consegne è stato molto graduale. Sono rientrata in Champagne nel 2007 per lavorare con mio padre. La prima annata l’ho passata in vigna, ma già da subito mi ha coinvolta nel lavoro sull’assemblage. Voleva farmi capire come funziona un mestiere che richiede tempo e non si impara a scuola.
Oggi mi occupo della maison e di tutto quello che le ruota attorno. È vero che abbiamo un team che segue le vendemmie, ma, terminato Vinitaly, torno in Champagne e mi dedico agli assaggi.
C’è un periodo dell’anno, dalla fine dell’inverno alla primavera inoltrata, in cui i vini si esprimono al meglio. Le loro peculiarità vengono fuori, le individualità di ognuno si rivelano. È una fase cruciale per l’assemblage. Può sembrare paradossale, lavoriamo tanto per fare dei vini unici, e poi li uniamo per crearne un’altro. Ma per la nostra filosofia, è proprio lì che si esprime la massima bellezza.
Mi ha anticipato! Champagne Paillard è sinonimo di uno stile riconoscibile, puro.
Se dovessi scegliere due parole per descrivere il risultato del nostro lavoro, sarebbero selezione e libertà. La selezione perché lavoriamo su parcelle diverse, ognuna con le sue caratteristiche. E ogni anno dobbiamo decidere cosa entra o meno. Libertà perché è quella che ci fa decidere “Questa annata non è all’altezza, non la usiamo.”
La degustazione per noi è tutto. Ma dobbiamo farla con la mente più aperta possibile. Non possiamo permetterci errori: il risultato si vede dopo anni. Una vigna può vivere anche 60, 70 anni. Una cuvée può richiedere 4, 8, 10 anni di lavoro. Ogni decisione è irreversibile.

I primi vent’anni solo brut, i successivi vent’anni come unica maison a produrre solo Extra Brut. È ancora questa la vostra strada?
È una scelta filosofica. Ma è anche legata al nostro sottosuolo. La grande longevità dei nostri vini ci permette di lavorare con dosaggi molto bassi. Il frutto fresco – con il tempo – si trasforma in frutto secco, questo è quello che cerchiamo. Detto questo, sul millésimé può capitare che ci siano dosaggi diversi, perché è l’annata a chiederlo. Il dosage ha un ruolo fondamentale nell’evoluzione del vino. Abbiamo anche una cuvée a dosaggio zero, fatta con un processo diverso. Io la adoro. Ma è giovane, e non so ancora come sarà tra 10 o 12 anni dopo la sboccatura.
Champagne a tavola: gli abbinamenti del cuore
Le piace la cucina italiana? Quali sono i suoi piatti preferiti e quale Champagne Paillard abbinerebbe.
Sicuramente la Cacio e Pepe! E ci vedrei bene proprio il nostro dosaggio zero: il pepe da una parte e la cremosità della pasta – se è fatta bene – si sposano perfettamente.
E poi il risotto allo zafferano, magari abbinato alla Première Cuvée Rosé. Un accostamento che trovo molto elegante.
Champagne e dazi: cosa ne pensa?
Chi lavora bene sul mercato americano lo sa: è un mercato enorme, ma molto costoso. Ci sono tanti intermediari e bisogna investire davvero tanto. Alla fine, è un gioco complesso, ma se ci credi e lo fai bene, è comunque un mercato che può dare grandi soddisfazioni.

L’eredità di Giorgio Cecchetto: vino, passione e inclusione
di Francesco Bruno Fadda
Un’etichetta speciale e un incontro che cambia tutto
Ultima domanda: c’è un’etichetta Paillard alla quale è particolarmente legata? Ci racconta perché – come fosse una piccola degustazione?
Sì, c’è un vino a cui sono davvero affezionata: il Blanc de Blancs 1995. È un vino che mi ha insegnato tanto. Quando sono tornata in Champagne nel 2007, era alla fine della sua vita commerciale. Ma io lo trovavo splendido. Come se mi avesse accolta tra le sue note più armoniose. E ancora oggi, quando capita di assaggiarne una bottiglia, riesce sempre a sorprendermi. Il bello è che il 1995 non è nemmeno considerata un’annata eccezionale, eppure, ha qualcosa di magico. Come certi incontri che sembrano casuali, ma ti cambiano il percorso.“Le erano successe tante cose straordinarie che Alice cominciava sul serio a credere che per lei non ci fossero cose impossibili.” (Lewis Carroll – Alice nel Paese delle Meraviglie 1865)
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