“Ci si può innamorare dappertutto, ma dove sei nato di più”. Cesare Zavattini, sceneggiatore, commediografo e scrittore, e Salvatore Camedda per evidenti ostacoli temporali non si sono mai incontrati fisicamente. Ma non si può escludere un incontro di pensieri, di filosofia.
Il cuoco si è innamorato dove è nato. Ama i luoghi dove è nato e dove ha avuto le prime esperienze professionali. La sua Cabras, bella e dannata. La sua terra d’elezione, quel nord Sardegna che lo ha visto protagonista più volte nel corso di una carriera non sempre generosa, ma concreta, sudata in ogni millimetro. Salvatore Camedda torna in quel tratto di costa sarda dove tutto ha avuto il suo principio. A poca distanza da quella Baja Sardinia che ha scolpito profondamente una delle pietre miliari del suo percorso.

Nel cuore pulsante della Sardegna, tra orti, arnie, frantoi e pascoli, sta prendendo vita un progetto gastronomico che ha il sapore della terra e lo sguardo rivolto al mondo. Non è solo un ristorante. È un racconto. Un viaggio. Un’esperienza costruita con cura da chi, come chef Salvatore Camedda, crede che ogni piatto debba contenere una storia da vivere e da gustare.
A credere in questa visione è Cascioni Eco Retreat, che ha affidato a Salvatore Camedda non solo la guida del ristorante Ulìa, ma l’intera offerta gastronomica del resort, immerso tra Arzachena e Porto Cervo. Il resort riaprirà le sue porte giovedì 1° maggio, segnando un nuovo inizio all’insegna dell’identità e della qualità.
Salvatore Camedda, il cuoco originario di Cabras, torna così a pochi chilometri da quella Costa nord dell’isola dove aveva già conquistato la stella Michelin, trovando a Cascioni l’habitat ideale per dare voce a una cucina sarda, autentica ed essenziale. Ma il suo viaggio in cucina inizia molto prima.
Dopo gli esordi in Sardegna, Salvatore si forma e lavora in importanti cucine internazionali, tra la Spagna e la Svizzera, dove ha appreso rigore, tecnica e visione contemporanea. Passando poi per il Four Season di Milano con Sergio Mei e l’Aqua Crua alla corte di Giuliano Baldessari. È proprio nel confronto con l’estero e con queste importanti esperienze che nasce in lui l’urgenza di tornare alle origini, di rileggere le radici sarde con occhi nuovi. Da questa spinta nasce Somu, il ristorante che lo ha consacrato tra i protagonisti della nuova cucina isolana e con cui ha ottenuto la stella Michelin a Baja Sardinia.

Ora, con la stessa determinazione e una sensibilità maturata negli anni, si prepara a scrivere un nuovo capitolo con Ulìa. «Luca e Bonaria Filigheddu mi hanno dato carta bianca, tutto quello che ho chiesto mi è stato messo a disposizione», racconta Camedda. «Loro adesso vanno in giro, curiosano, osservano: vogliono mettersi al passo, crescere. E io con loro».
Camedda: “una cucina che nasce dalla terra”
La forza di questo progetto è tutta nella filiera corta e nella sinergia con la tenuta agricola: orti, arnie, allevamenti e mani sapienti. «Abbiamo le arnie per il miele, moltissimi ulivi di proprietà per il nostro olio, un orto sia ad Arzachena che nella tenuta, dove abbiamo già piantato verdure per l’estate», spiega lo chef. «Le confetture per la colazione le fa la signora Bonaria, i sottoli anche: li useremo per l’aperitivo. E poi i salumi, stiamo selezionando artigiani locali come Michelangelo Salis. L’idea è chiara: attingere il più possibile da ciò che abbiamo intorno».

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Questa radice agricola si fonde con una visione raffinata e contemporanea della ristorazione. Lo dice lo stesso Camedda: «È un ristorante di campagna, sì, ma locale e globale. Mi piace definirlo così. Lavoriamo sulla tradizione sarda per poi innovare, e soprattutto raccontare».
Storie da servire, dall’antipasto al dessert
Tutto, ma proprio tutto, è pensato per offrire un’esperienza totale. Non solo il cibo. Anche le ceramiche sono realizzate da un’artigiana selezionata con cura, e i bicchieri raccontano una scelta estetica e funzionale precisa. Persino il pane ha il suo spazio scenico e narrativo: «Faremo grissini, carasau, tre tipi di pane: civraxu, baguette integrale e focaccina. Tutti prodotti internamente e accompagnati da tre intingoli diversi, tra cui uno a base di latticino vegetale. Vogliamo partire con un effetto wow, fin dal cestino del pane».

Il menù? Semplice solo in apparenza. Nove piatti alla carta – tre antipasti, tre primi, tre secondi – più tre dolci. A questo si aggiungono due percorsi degustazione – da cinque e da sette portate – composti da piatti completamente inediti, non presenti nella carta. «È un impegno in più, certo, che abbiamo prima valutato e solo dopo abbiamo deciso di affrontare questo impegno. Alcune signature le porterò con me, ma la vera sfida sono i piatti nuovi, che stiamo studiando con attenzione».
I menù degustazione si concluderanno con piatti a base di carne per chiudere il percorso in modo rotondo. E il finale? Una coccola con la piccola pasticceria, con un dettaglio teatrale: «Qualcosa sarà preparato direttamente al tavolo, magari un torrone al cioccolato bianco e mirto. Sempre restando in Sardegna» anticipa chef Camedda.
Una colazione che parla di Gallura
Anche la colazione avrà una veste speciale. Non solo per gli ospiti dell’hotel: sarà aperta anche al pubblico esterno, in linea con una tendenza sempre più diffusa nei cinque stelle italiani. Ma qui, l’approccio è ancora più personale: «Rivisitiamo la colazione classica partendo dallo smulzu, la colazione dei pastori galluresi. Stiamo lavorando a un lievitato speciale, magari da abbinare a una crema alla sapa. Ma non si tratta di quantità, quanto di qualità».

L’esperienza in sala: essenziale, conviviale, autentica
Anche l’esperienza in sala segue la stessa filosofia di autenticità e misura, come sottolinea Giacomo Serreli:«Il nostro desiderio è raccontare una Sardegna dove la qualità dei prodotti si esprime senza ostentazioni. Vogliamo che i nostri ospiti vivano un’esperienza priva di eccessi, dove il benessere e la convivialità sono al centro di tutto».
La sua mano si ritrova anche nella carta dei vini, curata personalmente e costruita come un viaggio tra le piccole cantine sarde. Ampio spazio è dedicato alla Gallura, con il suo Vermentino, ma anche a zone meno battute come il Mandrolisai e Mamoiada, con un’attenzione speciale per le produzioni limitate e rare. A completare l’offerta, una selezione di etichette italiane e francesi, scelte per qualità, artigianalità e unicità.
Il gusto dell’attesa, i prezzi e l’accessibilit
Lo chef seguirà ogni momento del servizio, dalla colazione alla cena. E quando gli si chiede se sente la pressione, risponde con il sorriso sincero:«Sì, sì, assolutamente. Ma è quella pressione che ti carica. Prima magari avevo timore, ora no. Ora non vedo l’ora che arrivi la gente e si sieda a mangiare. Non vedo proprio l’ora».
Il menù degustazione avrà un costo tra i 115 e i 120 euro. I piatti alla carta si muovono tra i 28 e i 35 euro, con antipasti intorno ai 18 euro. Scelte coerenti con l’altissima qualità della proposta e con l’idea di offrire, a ogni cliente, non solo un pasto, ma un’immersione totale nella Sardegna più autentica e creativa.
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